Gamification. Un gioco da ragazzi?
A chi non piace giocare?
Siamo stati tutti bambini. Ma in fondo, non è che crescendo abbiamo completamente smesso di esserlo. A tutti gli adulti continua a piacere il gioco, nelle sue forme più disparate. Altrimenti non si spiega come oltre 4 milioni degli italiani che giocano ai videogiochi abbiano più di 45 anni.
E i consumatori fanno la stessa cosa. La vita è piena di attività noiose o spiacevoli: le interazioni con i brand non dovrebbero essere tra queste.Come rendere le nostre attività, i nostri prodotti e le nostre campagne marketing irresistibili, quindi? Ça va sans dire: con la gamification.
Ti va di giocare?
Ma cosa significa “gamification”? Tutti ne parlano, pochi sembrano aver capito che la classica raccolta punti non si può più definire tale. Oggi fare gamification significa strutturare le proprie campagne marketing non per vendere, ma per divertire, motivare, coinvolgere, fidelizzare l’utente. E sapere che, se saremo talmente bravi da riuscirci, questi allora acquisterà anche.
Ma come si ottiene tutto questo? Chiediamolo ai 4 milioni di videogiocatori ultracinquantenni.
Ciò che cercano nelle ore spese all’interno dei videogame non è solo intrattenimento o svago: è una sfida.
Si tratta di stimolare desideri e bisogni che possano essere appagati attraverso il gioco.
Servono obiettivi da raggiungere, livelli attraverso cui progredire con crescente difficoltà, competizione con altri utenti, condivisione dei propri successi, e tramutare tutto questo in ricompense e premi.
Dalla raccolta punti alla ricerca di forzieri
Cosa c’è di male nella classica raccolta punti? Niente! Si tratta di gamification? Non più. Forse negli anni ‘60, quando comprare una lavatrice era un’esperienza in sé. Ma nel mondo della realtà virtuale, dei metaversi e dei social network, non basta.
Gamification significa creare mondi del brand in cui far entrare l’utente, pianeti attraverso cui costruire un percorso. Diventa un gioco da fare insieme, consumatore e brand, in cui il primo funge sì da architetto delle sfide da affrontare, ma anche da aiutante nel superarle. Ad ogni passo si cresce, si ottengono piccoli riconoscimenti, si sbloccano nuove opportunità. Propio come in ogni buon videogioco.
Tutto questo può avvenire all’interno della più tecnologica delle app in realtà aumentata, con Pokèmon che saltano fuori dalle fontane nel parco, o con la più semplice delle campagne di volantinaggio, da cui con la scansione di un QR code si accede a un quiz per ottenere lo sconto. Soprattutto, può avvenire in ogni settore, non solo nel retail.
Non è il “cosa”, ma il “come”: I punti si trasformano in monete d’oro, i quadratini da ritagliare-incollare in forzieri, e l’esperienza di acquisto in una di gioco.
Dove sarà il prossimo? Cosa dovrò fare per ottenerlo? Cosa stanno facendo i miei amici, e come mi posiziono rispetto a loro? Ecco le domande-guida della gamification.
Quando il gioco si fa duro, i brand cominciano a giocare.
Quali sono gli elementi di successo di un buon videogioco – o meglio – di una buona campagna marketing gamificata?
- Motivazione: più gioco, più voglio giocare. Per arrivare in fondo, per sbloccare una nuova sfida, perché è così che funziona il gaming. È un processo che si auto-alimenta e spinge alla prossima partita.
- Sfida: niente è peggio di un gioco troppo facile. Vuoi tenere incollati gli utenti? Dà loro qualcosa che pensano di saper fare ma poi non ci riescono. Imbattibile.
- Libertà: la prima regola del gioco è che non puoi obbligare qualcuno a giocare. Se no diventa un dovere. Stimolare, non costringere.
- Multi-canalità: le persone non sono in due dimensioni. E nemmeno i brand. Un buon gioco non può essere da meno: per questo la realtà aumentata ha tanto successo, e anche dei semplici QR code possono fare magie.
- Creatività: vuoi far divertire i tuoi clienti? Mettili al lavoro. La creatività piace, ai brand e alle persone. Niente è meglio che provare il nuovo gusto delle patatine che hai contribuito a inventare, o a votare.
- Interattività: non è un gioco se non devi FARE qualcosa. I bambini amano sporcarsi le mani, ma gli adulti non sono da meno. Dai loro i colori e permettigli di imbrattare i muri del tuo brand – diventerà il loro.
Tra tech e creatività
La gamification è ciò che scaturisce quando tecnologia e creatività si incontrano: mescola il tutto con un pizzico buon insight, e avrai un caso di successo.
Facile farlo quando ti chiami Nike e puoi creare il tuo esclusivo club di runner Nike+.
O se sei Duolingo e fai imparare una lingua nuova a suon di sfide e obiettivi da sbloccare.
Ma quando sei una carta prepagata?
Lo sa bene YAP, che voleva rendere divertente la cosa più noiosa: i soldi.
Invertire le lettere di “pay” non era abbastanza: bisognava invertire il pensiero che i soldi non bastano mai. Fin da giovani.
Ed ecco che abbiamo pensato alla “carta dei divertimenti” popolata da grosse monete d’oro e forzieri tutti da aprire a suon di pagamenti.
Il classico più utilizzi, più guadagni, più vinci…ma rivisitato all’insegna del gaming.
E gli amici? Diventano aiutanti nel gioco virtuale e in quello reale, elementi della sfida da portare all’interno del gioco.
Così l’app della carta diventa un mondo di sfide (virtuali) e ricompense (molto reali – i soldi) che i giovani non si limitano a scaricare e abbandonare, ma si inserisce nel consumer journey con l’utilizzo quotidiano, fino a portare alla loyalty.
Un gioco da ragazzi, per davvero.
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